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Una soluzione alternativa per lo scarico del Depuratore Sava-Manduria

SI riceve e pubblica


In questi giorni una diretta dell’amico Alessandro Scarciglia ha riacceso i riflettori sulla questione del depuratore di Manduria-Sava. E condivido pienamente la sua richiesta di moratoria, per rimandare ogni tipo discussione tecnica al termine di questa emergenza, quando tutti saremo tornati alle nostre consuete quotidianità. Qualche settimana fa avevo rilanciato l’idea di inserire, nel tavolo programmatico del Cis, il tema di un sistema unico di riutilizzo delle acque reflue depurate, per l’intera provincia di Taranto. E, da fonti attendibili, mi risulta, che qualche primo passo in questa direzione si sta iniziando a muovere. Un capitolo a parte, che corre lungo altri binari, con altre tempistiche e che non guarda in faccia neanche la terribile attualità, purtroppo, si sta rivelando il depuratore di Manduria-Sava. La richiesta di Aqp di procedere in deroga al Piano Paesaggistico, per poter coinvolgere anche il Bacino di Torre Colimena, è il finale più tragico che potevamo immaginare ed ha immediatamente provocato forti reazioni del Circolo Legambiente di Manduria e di tutti gli altri Comitati attivi sul territorio. A nulla sembra siano serviti anni di manifestazioni, confronti e studi scientifici. Eppure c’è una soluzione alternativa che non è mai stata presa in considerazione dagli organi competenti, nonostante sia validata da studi ed analisi scientifiche, che ne evidenziano anche gli enormi vantaggi economici ed ambientali. Mi riferisco all’impiego di cave dismesse come bacino di accumulo dell’acqua depurata, in sostituzione sia dello scarico emergenziale previsto nel Bacino di Torre Colimena che delle vasche Arneo. Tra l’altro è la stessa Regione che consente di utilizzare le cave dismesse “per la realizzazione di bacini di accumulo della risorsa idrica o bacini di ricarica della falda favorendo il riuso delle acque reflue depurate” come si legge nella Legge Regionale n.22 del 5 Luglio 2019 e non ci sarebbe quindi bisogno di alcuna deroga. Tanto più che nel 2016 con un atto dirigenziale della Sezione regionale Risorse Idriche, veniva pubblicato un Avviso per la selezione ed ammissione a finanziamento regionale di iniziative di studio e progettazione, proprio avente ad oggetto il recupero di cave dismesse. Insomma, tutto assume connotati grotteschi, se si pensa che il proprietario di una cava, che si trova a 5 Km da Manduria, non lontana dal costruendo depuratore, dotata di una capienza di 2 milioni di metri cubi, detta “Le Monache”, nel Settembre 2019, per mezzo Pec, ha manifestato spontaneamente la propria disponibilità ad Aqp. La proposta andrebbe naturalmente approfondita in un tavolo tecnico, considerando anche il riuso nelle aree boschive limitrofe. Fatto sta che a questa missiva non c’è ancora stata risposta ed anzi, oggi, apprendiamo che la decisione è quella meno vantaggiosa in termini economici, ambientali, paesaggistici e più invisa alle popolazioni locali. La domanda che sorge spontanea è: perché non si è dato seguito a questa soluzione? Ci sono forse altri interessi da tutelare, prima ancora di quello essenziale di fornire il territorio di un sistema di depurazione efficiente, moderno ed ecocompatibile?

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Salvatore Luigi Baldari






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