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Il lungo letargo Avetrana, un paese che muore.


Si riceve e pubblica

Tante partenze e nessun ritorno

Tanto abbandono, tanta sporcizia, tanta incuria. Nessun amore per le strutture pubbliche: cadono e decadono sale recuperate (Caduti di Nassiriya), marciscono meravigliosi palazzi (ex Municipio e ex sede dei Vigili Urbani), cedono luoghi di crescita (Palazzetto dello Sport).


Nessuna accoglienza per chi è di passaggio: gli ingressi al paese rappresentano, con erbacce, pozzanghere e tufo, lo stato di abbandono e inospitalità. Pericolose buche reali sull’asfalto del centro e su quello mancante delle periferie, scavano buche profonde nelle casse del Comune pronto, senza nemmeno difendersi, a pagare cittadini e avvocati per danni ricevuti. Un perseverare diabolico a raccogliere la spazzatura senza differenziare, perché la loro gara d’appalto doveva partire a giugno, poi a settembre poi chissà. Promesse inutili (o frusciu di scopa noa). Beffa che si somma al dolore, quando un caro muore: seppellirlo, avere cura del luogo di riposo, avere assegnato un posto sembra essere un “Gratta e Vinci”, occorre comprare quello giusto altrimenti resti in attesa. E quando si tenta “fintamente” di mettere in regola, tutto si blocca perché le regole non sono modellabili al volere di qualcuno. Un paese che muore perché nessuno si occupa di destagionalizzare il turismo. Totale incompetenza, inefficienza e incapacità a conoscere e gestire i fenomeni economici. La zona industriale è il quadro che rappresenta Avetrana: pochi eroi resistono ma il resto è lasciato a se stesso abbandonato non solo ai propri fallimenti ma anche ad un deprezzamento notevole perché non sembra esserci sviluppo (stiamo ancora aspettando i favolosi risultati del zona industriale che diventa anche commerciale). La nostra finestra sul mare, Urmu Belsito, è ormai una pozzanghera piena di spazzatura, però imposte e tasse sono da prelevare da chi ha un’abitazione. Lo sport, settore variamente composto, è oggi vissuto più da spettatore che da protagonista: fermi i finanziamenti, bloccate le manutenzioni alle strutture, abolita la festa dello Sport. Infine, l’agricoltura, orgoglio pubblico e privato, metafora della fatica che si trasforma in frutto, vede, pericolosamente, l’avvicinarsi della Xylella; vede il prezzo ridicolo con cui è pagato il frutto del lavoro, vede una produzione monoculturale, vede un passaggio dalla piccola proprietà alla grande proprietà. È un Avetrana che muore. È ora di andare a casa, piccola banda con la poltrona attaccata, e provare a dare una svolta diversa a questo territorio. Firmato. Quelli che resistono Quelli che, nonostante tutto, continuano ad amare questo paese. Quelli che stanno con un piede in una sola scarpa e odiano gli inciuci. Quelli che ci provano a stare insieme. Quelli che, nonostante la dialettica interna, hanno una sola visione per Avetrana: un governo capace, onesto e soprattutto composto da persone competenti.

Lucia Vacca, Luigi Conte e Rosaria Petracca 


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